
Nel campo della sicurezza farmaceutica, ogni fase di sviluppo e controllo del farmaco è regolata da norme rigorose volte a garantire efficacia e sicurezza del prodotto finale.
Tra i numerosi controlli, uno dei più rilevanti è il Test di Fotostabilità API, che permette di valutare la sensibilità alla luce delle sostanze attive.
Nell’articolo di oggi vedremo come sono gli API, cos’è il test di fotostabilità, come funziona e come eseguirlo.
Test API: Cosa vuol dire
L’acronimo API sta per Active Pharmaceutical Ingredient, ovvero principio attivo farmaceutico. Si tratta della sostanza chimica responsabile dell’effetto terapeutico di un medicinale. A differenza degli eccipienti (componenti inattivi del farmaco), gli API determinano la reale efficacia della cura.
Proprio per questo motivo, le API devono essere sottoposte a test accurati, volti a verificarne stabilità, purezza e sicurezza.
Tra questi, il Test di Fotostabilità riveste un ruolo chiave, in quanto permette di analizzare il comportamento della sostanza se esposta alla luce solare o artificiale. Un'esposizione alla luce può, infatti, alterare la struttura molecolare dell’API, riducendone l’efficacia o, in alcuni casi, generando prodotti di degradazione potenzialmente nocivi.
Cos’è il Test di Fotostabilità
Il Test di Fotostabilità è una prova analitica che verifica quanto una sostanza farmaceutica – soprattutto il suo API – sia stabile in presenza di luce. Serve quindi a determinare se, e in che misura, la luce possa alterare la composizione chimica di un farmaco.
Il test è obbligatorio per tutti i medicinali esposti alla luce durante la produzione, il trasporto o l’uso da parte del paziente. Farmaci in forma liquida, capsule trasparenti, soluzioni oftalmiche o contenitori non completamente schermanti sono esempi tipici di prodotti per cui è richiesto il Test di Fotostabilità.
Pensate alla comune aspirina. Se lasciata esposta alla luce solare, l'acido acetilsalicilico tende a decomporsi, perdendo la sua efficacia e generando salicilato, che ha effetti farmacologici diversi. Questo spiega perché il confezionamento e la conservazione siano pensati per proteggerla dalla luce.
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Come si esegue il Test di Fotostabilità in camera di illuminazione
Il Test di Fotostabilità si svolge in condizioni controllate, all’interno di una camera di illuminazione appositamente progettata per simulare l’esposizione alla luce solare o artificiale in modo standardizzato e ripetibile.
Queste camere fanno parte della famiglia delle camere climatiche: strumenti da laboratorio costituiti da un vano ermeticamente isolato all’interno del quale è possibile impostare, regolare e controllare la temperatura e l’umidità relativa.
Le camere di illuminazioni implementano, in più, dei sistemi LED a spettro controllato che garantiscono una distribuzione uniforme della luce.
Durante un test tipico, i campioni vengono esposti a:
- 1,2 milioni di lux·ore totali di luce visibile
- 200 watt·ora/m² di radiazioni UV-A
Questi valori sono definiti dalle linee guida internazionali (in particolare dallo standard ICH Q1B che vedremo tra poco) e permettono di riprodurre, in poche ore o giorni, l’effetto che la luce avrebbe sui campioni in mesi di esposizione naturale.
Le camere di illuminazione sono progettate per mantenere costante anche la temperatura, solitamente intorno ai 25 °C, al fine di evitare interferenze termiche che potrebbero falsare i risultati.
ICH Q1B: lo Standard della Fotostabilità
Il riferimento normativo principale per il Test di Fotostabilità è la linea guida ICH Q1B, pubblicata dall’International Council for Harmonisation of Technical Requirements for Pharmaceuticals for Human Use. Questo documento stabilisce i requisiti minimi che un test deve rispettare per essere riconosciuto a livello internazionale.
ICH Q1B prevede due approcci principali:
- Approccio 1, che richiede un’esposizione combinata a luce visibile e UV;
- Approccio 2, che consente test separati se giustificati da esigenze specifiche.
Il documento definisce inoltre i parametri minimi di esposizione e raccomanda l’uso di campioni protetti (da avvolgere in fogli d’alluminio, ad esempio) per avere un confronto diretto con i campioni testati.
Accanto a ICH Q1B, esistono altri standard nel settore farmaceutico – come le linee guida ICH Q1A della quale abbiamo parlato nel dettaglio qui.
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